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STORIA DI VITTORIO E EDINEIA

Vittorio vive solo in una casa sovra dimensionata per le sue esigenze: 5 stanze con due terrazzi e una sala per la lettura carica di giornali e quotidiani raccolti negli ultimi 20 anni e libri di studi universitari su architettura, agronomia, ebraismo e dialogo fra religioni, sue passioni da sempre, ma ancora di più da quando non esce più di casa. Cioè da 4 anni. Arriva ad Abitare Solidale a seguito di esperienze di convivenza attivate attraverso canali personali, che gli hanno lasciato un po’ di amaro in bocca per la solitudine che è ripiombata nel suo appartamento una volta che le persone hanno trovato la loro strada definitiva. Non bastano i libri a tenergli compagnia, né le visite di vicini e amici, pochi, che si occupano di fargli la spesa e di piccole pratiche burocratiche.

Quando arrivo al suo domicilio, mi accoglie con racconti di un passato da genio in cui ha conseguito due lauree (economia e agraria) e con una lucidità mentale invidiabile a 88 anni. “Negli ultimi anni, a seguito della morte di mia moglie nel 1984, sono stato a lungo solo in questa casa grande. Poi mi sono accorto che avrei potuto scambiare lo spazio in casa con una persona che avrebbe potuto necessitare di una stanza e una casa e richiedere in cambio di aiuti e compagnia. E poi sono incappato in Abitare Solidale, che oltre ad offrirmi una persona poteva rendere “ufficiale” questa convivenza attraverso gli strumenti che propone, Patto Abitativo, Comodato d’uso, e la Cessione di fabbricato imposta dalle leggi antiterrorismo. Io ho sempre voluto fare tutto in regola. E’ giusto. Tutela me e la mia ospite.” e continua: “…avendo già esperienza di condivisione, non ero preoccupato per la convivenza in sé quanto piuttosto per l’adeguatezza della persona, io sono uno un po’ fissato, chiacchiero molto, non esco di casa, mangio poco e faccio attenzione alle spese perché con la mia piccola pensione non mi posso permettere troppo…ma fin da subito appena ho conosciuto la volontaria Miriam, mi sono rincuorato…con lei si è instaurato un rapporto che va al di là dell’aiuto strettamente “necessario” ed è stata capace, con numerosi incontri e con una personalizzazione elevatissima, di trovare una persona che facesse al caso mio e che fosse compatibile con me..che a volte sono un po’ pignolo!” sorride Vittorio, certo che le preseti sanno di cosa sta parlando…

“Ed ecco che arrivo io” interviene Edineia. “Io sono in Italia da 12 anni, ho lasciato la famiglia in Brasile, precisamente nella regione di Minas Gerais, perché volevo cercare la mia strada in Europa. Sono scappata da mia madre perché volevo volare con le mie ali ma non mi veniva permesso. In Brasile facevo la stilista di moda e la sarta, ma avevo studiato anche come infermiera specializzata in chirurgia plastica e tecnico informatico. Lavoravo a Rio De Janeiro e conobbi questa famiglia che mi chiamò in Italia a fare la tata ad un bambino con dislessia. Venni a Firenze e rimasi a lavorare per loro un anno e sette mesi. Poi ho iniziato a fornire assistenza agli anziani come professionista e da allora non mi sono più fermata! Questa attività che mi piace molto e mi permette di vivere. Da quando me ne sono andata da casa però mando i soldi alla mia mamma che ora ha 81 anni, ogni mese, quindi non posso permettermi un appartamento da sola, ed essendo abituata a vivere con tante persone (a casa eravamo dai 6 ai 10 a seconda dei periodi), il progetto Abitare Solidale mi è sembrato perfetto.

Potevo mettere a disposizione le mie competenze e il mio tempo libero ed avere in cambio una stanza tutta mia e una casa in cui vivere.” “Devo dire che all’inizio ho titubato nella conoscenza di Vittorio, è un intellettuale chiacchierone…e ho pensato mi avrebbe riempito la testa di storie! Ma poi nella quotidianità ho visto quanto rispettava i miei orari, i miei tempi e le mie necessità e quando c’è stato bisogno di prendere la residenza, lui è stato subito disponibile. Poi a novembre Vittorio è stato male ed essendo solo (i suoi amici sono anziani anch’essi!) sono stata io ad occuparmi di lui, sia del ricovero, che dell’ambulanza, che delle visite, dei rapporti con i medici e del rientro a domicilio…anzi l’ho anche rimproverato per non avermi chiamato come prima persona! E’ stato un bene che Vittorio non fosse solo e anche che ci fossi io che ho esperienza nel campo e che mi so muovere bene per uffici e servizi…oggi stiamo provando a chiedere un piccolo aiuto al Comune di Firenze attraverso l’assistenza sociale con il sostegno di Miriam, e indovinate chi si è fatta la fila agli uffici?” ride prendendo in giro Vittorio che invece non perde mai il suo aplomb.

Ad oggi questa convivenza prosegue con positività e continua supervisione da parte della volontaria anche in virtù dell’età di Vittorio e dell’ottimo rapporto instauratosi fra i tre protagonisti della storia, un perfetto esempio di welfare di comunità che ha intessuto solidi rapporti umani, a beneficio di tutte le persone coinvolte nel progetto.

E la volontaria ha trovato anche una terapista manuale per le sue distorsioni!

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La storia di Claudio

Le parole di Claudio sono esemplari per capire il senso di “Abitare Solidale”:

­“Lavoro come operaio generico in ospedale da ventidue anni” ­ dice Claudio ­”e sono stimato e amato dai miei colleghi, sicuramente più che dai miei familiari. Ho sempre vissuto con i miei genitori e mi sono preso cura di loro e loro di me. Il nostro rapporto è stato amorevole, profondamente legati fino alla fine. Alla morte di mio padre siamo rimasti io e mia madre da soli, è stata dura ma abbiamo continuato a vivere con il dolore della perdita fino a che anche la sua salute non peggiorò.

Quel giorno me lo sentivo, non volevo andare a lavorare, ma lei insistette. Fu un colpo quando squillò il cellulare e un mio collega mi informò che era deceduta. L’ho amata e curata come nessun’ altro ha saputo fare, nemmeno le mie sorelle che in ogni modo mi facevano sentire sempre l’escluso della famiglia. Alla morte di mia madre i nostri rapporti peggiorarono ancor di più, se fosse stato possibile, in particolare con una mia sorella con cui non c’è mai stata, né c’è, comunicabilità. La perdita di mamma, le discussioni frequenti, le incomprensioni e le cattiverie continue fra me e mia sorella, mi costrinsero ad una solitudine che era vero e proprio abbandono.
Ecco, mi sentivo abbandonato a me stesso, e non avevo più forza di vivere. La mia esistenza divenne così gravosa che mi ammalai, mi sentivo come in un tunnel senza uscita. Non ce la facevo più, mi ammalai, caddi in depressione, non sapevo e non volevo più vivere.

Perché ti sei rivolto ad Abitare Solidale, i motivi, le aspettative?

Ero malato di solitudine, la casa vuota, l’abbandono e il silenzio al rientro dal lavoro mi opprimevano. Il dolore della morte di mamma non mi lasciava un momento, e in più l’allontanamento delle mie sorelle mi aveva abbattuto, ero triste, confuso, destabilizzato. Ne parlai con l’Assistente Sociale del Comune di Firenze, una donna eccezionale: lei capì il mio avvilimento e mi fece intravedere la possibilità di venirne fuori attraverso un progetto dell’associazione Abitare Solidale. Grazie a questa dottoressa comprensiva tornai a sperare.

Avevi dubbi e incertezze in merito al progetto?

Sono fiducioso di carattere, sapevo che mi avrebbero aiutato, ci contavo per uscire dallo sconforto. Ero certo che quanto mi era stato anticipato sul progetto era valido, che avrebbero risolto e alleviato il mio malessere, non dubitavo proprio del progetto, la mia preoccupazione era un’altra: ce l’avrebbero fatta ad aiutarmi a combattere l’ostruzionismo dei miei familiari, e questi mi avrebbero lasciato decidere e accettare la soluzione proposta da Abitare Solidale? E soprattutto: la persona che poteva essere la mia coabitante, sarebbe stata disposta a scontrarsi con la ferrea barriera che è mia sorella? Questi sono stati i dubbi che mi hanno tormentato, il progetto, no.

Qual’ è stato il primo impatto con gli operatori e con la coabitante?

Mi sono trovato subito in sintonia con loro. Quando proposero di ospitare Maria e mi parlarono di lei divenni impaziente, ero certo che era vicino il momento in cui sul serio avrei potuto ricevere la manna dal cielo, anche se sapevo che sarebbe iniziata una nuova guerra con mia sorella; ma grazie a questi ragazzi, ora mi sentivo più forte e disposto a lottare per me stesso. Sì, Abitare Solidale è stata la mia manna dal cielo, indubbiamente. Quando ho incontrato Maria, mi sono sentito rinascere per davvero, mi è subito apparsa gentile e affettuosa, il primo impatto è stato come vedere una persona amica da tanti anni. Avevo atteso il momento di conoscerla con impazienza e forte timore, avevo paura che sotto le pressioni di mia sorella sarebbe fuggita. Sai, ho dovuto scontrarmi ripetutamente con mia sorella che arrivò al punto, come ti dicevo, di prendere provvedimenti per farmi interdire. Immagina quanto non ho patito, e quanta pazienza e saper fare hanno avuto questi ragazzi e Maria stessa! Non fosse stato per la loro disponibilità e il loro aiuto, non sarei mai riuscito ad avere un po’ di pace.

Com’è cambiata la tua vita?

Ringrazio e ringrazierò sempre Desirée e Gabriele che mi hanno ridato la vita. Voglio ripeterlo: per me è scesa la manna dal Cielo, la mia rinascita. Ho ritrovato il sorriso e la serenità, sono di nuovo una persona ottimista e attiva. Le mie giornate ora le vivo con più quiete grazie al rapporto con Maria, la persona che con la sua presenza ha cancellato il nero della solitudine. Ho sofferto davvero tanto: questa casa dopo la morte dei miei genitori aveva un silenzio che mi buttava sempre più giù. Ora so che c’è una persona in un’altra stanza, ho compagnia durante i pasti, al mattino ci sono rumori che non sono solo i miei, posso parlare e sentir parlare. Il silenzio non c’è più. Non hai idea di come sia rassicurante sentire la chiave nella toppa che annuncia il rientro di Maria…

Persino i rapporti con mia sorella, che pure all’inizio ha vessato Maria, ora sono più civili.

Una casa da abitare con altri per risparmiare

Su Repubblica online è uscito un articolo che parla di noi:

La casa come bene rifugio può diventare un problema, quando ad esempio si perde il lavoro e non si può pagare un canone di affitto. E allora cosa si può fare? Una risposta a questo problema arriva da “Abitare solidale, ” un progetto promosso da Auser di Firenze, che attraverso l’aiuto e la solidarietà reciproca, si propone di trasformare il concetto di casa: da problema da gestire diventa una carta da giocare per il proprio riscatto sociale.

Leggi articolo qui

Abitare Solidale: il via anche a San Giovanni Valdarno

Un nuovo Comune toscano aderisce al progetto Abitare Solidale: dopo la firma del protocollo d’intesa nel mese di settembre, l’Amministrazione Comunale di San Giovanni Valdarno è pronta a sperimentare le ‘coabitazioni solidali’, grazie a una rete di associazioni locali tra cui Pronto Donna, Auser Verde Argento San Giovanni Valdarno, Misericordia di San Giovanni Valdarno, Sezione Soci Unicoop, Arci Valdarno.

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Quando la Comunità Europea cominciava ad accorgersi di Abitare Solidale

Era il 2012 quando l’agenzia europea Solidar contattò l’associazione Auser per inserire il progetto Abitare Solidale nella ricerca “Innoserv. Social Service Innovation”, uno studio coordinato dall’Università di Heidelberg e finalizzato all’analisi di servizi ed iniziative capaci, per innovatività, di modificare in meglio il welfare comunitario e dei singoli Stati.
Esito finale di quella ricerca il video che racconta le prime esperienze di coabitazione.