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FREEDOM. Un bando per costruire il primo cohousing pubblico della Toscana Tredici appartamenti nel cuore di Empoli per combattere la solitudine abitativa: si può far domanda dal 2 maggio al 6 giugno.

EMPOLI – Al via da oggi, lunedì 2 maggio 2022, il bando per partecipare al progetto “Freedom”, la prima sperimentazione pubblica di cohousing sociale in Toscana. Quattordici in totale gli appartamenti in pieno centro storico – l’immobile è quello di piazza XXIV luglio, recentemente ristrutturato dal Comune di Empoli – arricchiti di spazi comuni in grado di favorire la costruzione di una comunità abitativa solidale e collaborativa. A promuovere il progetto, insieme al Comune di Empoli, il raggruppamento Freedom Condividere l’abitare, composto da Auser Abitare Solidale e dalle cooperative Casae, Sintesi Minerva, Pietra d’Angolo, Sociolab e dall’Associazione Filo d’Argento Empoli. Il progetto si impreziosisce inoltre per la partecipazione dell’associazione “Vorrei prendere il treno”, a cui verrà destinato uno degli alloggi realizzati in modo da favorire progetti di autonomia abitativa per le persone con diversa abilità. Il bando – scaricabile dal sito del Comune https://www.comune.empoli.fi.it e da quello della cooperativa Casae (www.coopcasae.it) – è rivolto a cittadine e cittadini residenti nel comune di Empoli, del Circondario e della Città Metropolitana, che abbiano un ISEE compreso tra 8.000 e 35.000 euro, e che siano disponibili a partecipare a un percorso di collaborazione con gli altri assegnatari in modo da creare una comunità abitativa che gestisca gli spazi comuni dell’immobile. Per partecipare al bando c’è tempo fino al 6 giugno 2022.

Siamo finalmente pronti per riconsegnare alla comunità il grande edificio pubblico che affaccia su piazza 24 Luglio –  annuncia la sindaca di Empoli, Brenda Barnini – I lavori di recupero finanziati con fondi europei avevano fin dall’inizio l’obiettivo di creare nuovi stili di vita e risposte nuove ai problemi. Questo è uno degl interventi più importanti del grande progetto HOPE che coinvolge anche il recupero dell’ospedale vecchio e la ristrutturazione della biblioteca. Questi 13 appartamenti rappresentano un’opportunità per chi potrà abitarci e un motore di innovazione sociale”.

Quello che stiamo proponendo – sottolinea l’assessore al Welfare del Comune di Empoli, Valentina Torrini – è una nuova realtà abitativa, che aiuterà le persone a essere più felici, perché consentirà loro di circondarsi di relazioni positive. E’ soltanto dalla relazione, dallo scambio con gli altri che possiamo trovare quella condivisione fatta di relazione e accrescimento che sono fondamentali per il benessere di ognuno di noi. Tutto il resto è spesso un’illusione”.

 Quello realizzato dal Comune di Empoli è un progetto importante perché, finalmente, rimette al centro un diritto fondamentale troppo spesso ignorato: quello alla de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità, garantendo loro una cittadinanza piena e il più possibile indipendente, in un appartamenti da sole anziché in Istituti spersonalizzanti laddove se ne potrebbe fare a meno – evidenzia Iacopo Melio, consigliere regionale e attivista per i diritti umani e civili – Ecco perché è importante investire nell’assistenza domiciliare attraverso progetti di autonomia e di co-housing sociale, affinché si diffonda la giusta idea che i disabili possono, e devono, costruirsi il loro futuro in maniera staccata dalla famiglia di origine qualora lo desiderino, esattamente come chiunque altro. Sono felice che la Onlus che ho fondato, presieduta oggi da Carlo Tempesti, abbia dato un importante contributo a questo lavoro, in linea con la filosofia che ci ha sempre mossi”.

 Freedom rappresenta una sfida importante, non solo perché si tratta del primo esperimento toscano di cohousing pubblico/privato, ma soprattutto perché ha l’ambizione di innovare le politiche abitative unendo la dimensione fisica dell’abitare con quella – altrettanto rilevante – delle relazioni interne alla comunità che abiterà gli appartamenti. Per questo il bando punta a “premiare” non solo la corrispondenza a criteri socio-economici ma anche il profilo sociale e relazionale dei candidati. Crediamo che progetti di questa natura contribuiscano non solo a contrastare la solitudine abitativa ma rendano più efficaci i processi di rigenerazione delle nostre città”, dichiarano i rappresentanti del raggruppamento Freedom – Condividere l’abitare.

 Per favorire una maggiore conoscenza del progetto e delle caratteristiche degli alloggi, i promotori del bando invitano la cittadinanza a due giornate di visite guidate agli appartamenti, che si terranno giovedì 12 maggio dalle 16.00 alle 19.00 e sabato 28 maggio dalle 10.00 alle 12.00 alle 14.00 alle 18.00. Materiale informativo sarà inoltre messo a disposizione della rete associativa del territorio e nelle principali strutture comunali (URP, Biblioteca, etc).

 Per tutte le informazioni è possibile contattare lo sportello dedicato al progetto, che fornirà un servizio di orientamento e supporto nella compilazione della modulistica richiesta: basta telefonare ai numeri 0571 845215 o 3381829902 il martedì e giovedì dalle ore 10 alle ore 15 o inviare un’email all’indirizzo freedom.empoli@gmail.com.

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Costruendo nuove famiglie: Franca, Alessandro e Gabriele

Come è possibile far germinare una nuova idea di famiglia da una coabitazione? Ce lo racconta Alessandro, giovane uomo seguito dai Servizi Sociali di Firenze: «Abitare Solidale è stato ed è per me una bella realtà, una sorpresa che non conoscevo. Ne avevo sentito parlare da una signore che conosco e che è già dentro al progetto da 3 anni. Ne parlai con la mia assistente sociale e mi spiegò di cosa si trattava, acconsentii a fare la domanda. Già un’operatrice del centro diurno “La Fenice” mi disse che conosceva il progetto, e che per me sarebbe potuto essere un’occasione in più per togliermi dalle strutture di accoglienza. Pochi giorni dopo aver incontrato la mia operatrice di riferimento, Natalja, fui informato che c’era l’opportunità di incontrare una signora di una certa età che abita con il figlio: non era un problema per me e non vedevo l’ora di conoscere queste due persone; speravo di trovare, dopo i necessari incontri, un reale feeling con persone tranquille, affidabili e gentili, come poi si sono rivelate la signora Franca e il figlio Gabriele. Dopo circa 3 incontri abbiamo iniziato a coabitare. Il periodo che ho passato prima di iniziare e conoscere Abitare Solidale “continua a raccontare Alessandro” è stato molto duro per me. Avevo veramente bisogno di un ambiente familiare, sereno e amorevole. Franca e Gabriele sono persone eccezionali, gli vuoi bene subito e per questo non sarò mai troppo grato a loro per tutto quello che fanno; sto molto bene grazie a loro e spero che sempre più persone si affidino ad Abitare Solidale per ospitare chi, come me, un tetto non lo aveva. Auguro a chiunque di trovare persone come Franca e Gabriele. Devo ringraziare di cuore la mia assistente sociale per l’aiuto dato; ringrazio l’associazione di cui sono orgoglioso di far parte “La Ronda della Carità”, la mia presidente e tutti i volontari, nessuno escluso, in particolare il “gruppo delle candele”. Ringrazio le “mie ragazze”, Natalia ed Elena, e tutti coloro che lavorano per Abitare Solidale; ringrazio Franca e Gabriele per avermi accolto in casa come uno di famiglia. Abitare Solidale è e sarà sempre nel mio cuore e spero che diventi sempre più una bellissima realtà e sempre più conosciuta». Dall’altro lato c’è Franca, una donna da sempre indipendente, abituata a tener testa a tutte le figure maschili che l’hanno sempre accompagnata, in particolare il figlio Gabriele e il marito, con cui ha condiviso tutta la vita e la cui perdita è stata senz’altro una delle esperienze più devastanti per lei. Franca continua ad essere, seppur con l’età che avanza e con i problemi ad essa connessa, una signora dinamica, coraggiosa, volenterosa e sempre attiva. Tutti questi aspetti, benché positivi, aumentano le preoccupazioni del figlio Gabriele, insegnante delle scuole elementari che vive insieme a Franca. Gabriele si rivolge al nostro progetto in quanto, dopo la morte del padre, marito di Franca, e dopo i duri momenti che ne sono susseguiti, sente il bisogno di un supporto sia per quanto riguarda le questioni pratiche della vita quotidiana, sia e soprattutto per trovare una persona “di famiglia”, con cui la madre possa condividere i propri pensieri e con cui lui stesso possa creare un rapporto di fiducia e di aiuto reciproco. Gabriele infatti, dopo il lutto, ha dovuto cambiare la sua vita e concentrare tutte i momenti delle sue giornate sull’accudire, aiutare e sostenere la madre e questo lo ha condotto ad abbandonare le proprie passioni, come il teatro. Fin dal primo incontro Alessandro, Gabriele e Franca sembrano condividere con piacere molti aspetti, anche personali e privati della loro vita; si trovano fin da subito d’accordo sugli obiettivi da raggiungere e sull’aiuto di cui entrambi hanno bisogno: «è come se lo conoscessi da sempre» riferisce Gabriele, «è come se avessi un nuovo figlio» dice Franca. Sono molti i momenti di condivisione tra noi operatori e il nucleo creatosi durante i quali, tra i caffè e i dolci sfornati con passione e amore da Alessandro e Gabriele, tra la voglia di Franca di tenersi in movimento lavando i piatti, ci riferiscono di essere soddisfatti dell’esperienza che stanno vivendo, tanto dal mettere in atto gesti all’apparenza banali, come quello di acquistare una poltrona per Alessandro, ma che invece dimostrano quanto realmente si stia creando una relazione significative e bella. Gabriele ci dice di essere più sereno quando esce di casa per alcune commissioni e sa che con sua madre c’è Alessandro, di riuscire a concentrarsi meglio sul lavoro e sulle sue attività e di essere contento di poter condividere con lui le sue giornate. In sintesi, una nuova famiglia, una nuova vita per tutti e tre.

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Maria e Bruna

“La storia di Maria e Bruna è davvero bella ed intensa.
Bruna, 75enne, ci contatta perchè si sente sola,ha voglia di avere qualcuno per casa per parlare,scherzare e fare passeggiate. E’ solare,chiacchierona, e ti abbraccia sempre calorosamente .
Maria, invece, chiede il nostro aiuto a causa di un imminente sfratto.
“Io non amo la compagnia, sono solitaria ed introversa, ho 70 anni e non riuscirei a cambiare le mie abitudini.. non so neanche se questo progetto sia adatto a me…”, afferma al nostro colloquio.
Eppure, forse merito di una buona intuizione,qualcosa ci diceva che questo abbinamento sarebbe stato vincente…E sia!Primo incontro! Bruna ci abbraccia e ci offre dolcetti, Maria a fatica parla di sè e ripete di essere un lupo solitario e di non poter vivere senza i suoi libri e il suo computer.Ma noi non smettiamo di crederci. Altro incontro e un altro ancora. Maria decide di tentare e di trasferirsi da Bruna.
“Qui ho trovato una famiglia, erano 20anni che nessuno mi dimostrava tanto affetto.”
Sono trascorsi sei mesi di convivenza, fra passeggiate, pranzetti cucinati assieme, tante chiacchiere e soprattutto poco internet e poca tv.Sono una coppia fantastica!
Ma il destino a volte sconvolge i nostri piani…
A Maria viene assegnata una casa popolare,dopo tanti anni di attesa è  un’occasione che non si può lasciar sfuggire.
E l’algida donna eremita… piange,piange,bacia,abbraccia . “Non vorrei tornare a vivere da sola,ma lo farò; Bruna e la sua famiglia mi hanno cambiato la vita,non li dimenticherò mai”.
In queste parole tutto il senso di abitare solidale: un ponte, un passaggio temporaneo nella vita che dia sollievo,ristoro, serenità per poi tornare alla propria vita con maggiori capacità e risorse personali, lasciando un segno positivo ed indelebile.
E come nelle migliori favole, Maria e Bruna ora sono diventate grandi amiche,vivono separate ma si sentono quasi tutti i giorni al telefono, si vedono durante la settimana e organizzano ancora cenette insieme.Anche Bruna ha ricevuto molto da questa esperienza:  ” È stato bellissimo, facevamo tutto insieme, all’inizio non lo avrei mai immaginato, era così chiusa..ma poi io l’ho fatta aprire!” Subito si è resa disponibile ad ospitare un’altra persona bisognosa. “Lo dovrebbero provare tutti nella vita, anche anziani come me possono riscoprire tante nuove gioie”. “

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Giuliana e Irina

Giuliana è una nonnina dolce e molto paurosa.
Sin dal nostro primo incontro piange raccontando di pensare continuamente alle notizie di cronaca e alla morte delle persone care, e di non stare mai tranquilla in casa temendo i ladri e spaventandosi per ogni rumore sospetto.

“Sono una piagnucolona, piango sempre davanti al Tg”, ammette sorridendo.

La solitudine dopo la recente morte del marito le ha accentuato questo lato del carattere, ed i figli ci contattano sperando di trovare una soluzione e un po’ di tranquillità per la mamma e per loro, che spesso vengono svegliati nel cuore della notte dal telefono con Giuliana che piange e dice di aver paura.

Fortuna vuole che poco tempo prima avessimo conosciuto Irina, donna di origine greco-rumena sulla quarantina, dai modi pacati e dal carattere tranquillo e sereno.

Al loro primo incontro è apparso a tutti evidente che le due si compensassero perfettamente!
Contenta Giuliana, entusiasta il figlio e felice Irina,le due convivono dai primi dell’anno.

Contina a leggere “Giuliana e Irina” »

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STORIA DI VITTORIO E EDINEIA

Vittorio vive solo in una casa sovra dimensionata per le sue esigenze: 5 stanze con due terrazzi e una sala per la lettura carica di giornali e quotidiani raccolti negli ultimi 20 anni e libri di studi universitari su architettura, agronomia, ebraismo e dialogo fra religioni, sue passioni da sempre, ma ancora di più da quando non esce più di casa. Cioè da 4 anni. Arriva ad Abitare Solidale a seguito di esperienze di convivenza attivate attraverso canali personali, che gli hanno lasciato un po’ di amaro in bocca per la solitudine che è ripiombata nel suo appartamento una volta che le persone hanno trovato la loro strada definitiva. Non bastano i libri a tenergli compagnia, né le visite di vicini e amici, pochi, che si occupano di fargli la spesa e di piccole pratiche burocratiche.

Quando arrivo al suo domicilio, mi accoglie con racconti di un passato da genio in cui ha conseguito due lauree (economia e agraria) e con una lucidità mentale invidiabile a 88 anni. “Negli ultimi anni, a seguito della morte di mia moglie nel 1984, sono stato a lungo solo in questa casa grande. Poi mi sono accorto che avrei potuto scambiare lo spazio in casa con una persona che avrebbe potuto necessitare di una stanza e una casa e richiedere in cambio di aiuti e compagnia. E poi sono incappato in Abitare Solidale, che oltre ad offrirmi una persona poteva rendere “ufficiale” questa convivenza attraverso gli strumenti che propone, Patto Abitativo, Comodato d’uso, e la Cessione di fabbricato imposta dalle leggi antiterrorismo. Io ho sempre voluto fare tutto in regola. E’ giusto. Tutela me e la mia ospite.” e continua: “…avendo già esperienza di condivisione, non ero preoccupato per la convivenza in sé quanto piuttosto per l’adeguatezza della persona, io sono uno un po’ fissato, chiacchiero molto, non esco di casa, mangio poco e faccio attenzione alle spese perché con la mia piccola pensione non mi posso permettere troppo…ma fin da subito appena ho conosciuto la volontaria Miriam, mi sono rincuorato…con lei si è instaurato un rapporto che va al di là dell’aiuto strettamente “necessario” ed è stata capace, con numerosi incontri e con una personalizzazione elevatissima, di trovare una persona che facesse al caso mio e che fosse compatibile con me..che a volte sono un po’ pignolo!” sorride Vittorio, certo che le preseti sanno di cosa sta parlando…

“Ed ecco che arrivo io” interviene Edineia. “Io sono in Italia da 12 anni, ho lasciato la famiglia in Brasile, precisamente nella regione di Minas Gerais, perché volevo cercare la mia strada in Europa. Sono scappata da mia madre perché volevo volare con le mie ali ma non mi veniva permesso. In Brasile facevo la stilista di moda e la sarta, ma avevo studiato anche come infermiera specializzata in chirurgia plastica e tecnico informatico. Lavoravo a Rio De Janeiro e conobbi questa famiglia che mi chiamò in Italia a fare la tata ad un bambino con dislessia. Venni a Firenze e rimasi a lavorare per loro un anno e sette mesi. Poi ho iniziato a fornire assistenza agli anziani come professionista e da allora non mi sono più fermata! Questa attività che mi piace molto e mi permette di vivere. Da quando me ne sono andata da casa però mando i soldi alla mia mamma che ora ha 81 anni, ogni mese, quindi non posso permettermi un appartamento da sola, ed essendo abituata a vivere con tante persone (a casa eravamo dai 6 ai 10 a seconda dei periodi), il progetto Abitare Solidale mi è sembrato perfetto.

Potevo mettere a disposizione le mie competenze e il mio tempo libero ed avere in cambio una stanza tutta mia e una casa in cui vivere.” “Devo dire che all’inizio ho titubato nella conoscenza di Vittorio, è un intellettuale chiacchierone…e ho pensato mi avrebbe riempito la testa di storie! Ma poi nella quotidianità ho visto quanto rispettava i miei orari, i miei tempi e le mie necessità e quando c’è stato bisogno di prendere la residenza, lui è stato subito disponibile. Poi a novembre Vittorio è stato male ed essendo solo (i suoi amici sono anziani anch’essi!) sono stata io ad occuparmi di lui, sia del ricovero, che dell’ambulanza, che delle visite, dei rapporti con i medici e del rientro a domicilio…anzi l’ho anche rimproverato per non avermi chiamato come prima persona! E’ stato un bene che Vittorio non fosse solo e anche che ci fossi io che ho esperienza nel campo e che mi so muovere bene per uffici e servizi…oggi stiamo provando a chiedere un piccolo aiuto al Comune di Firenze attraverso l’assistenza sociale con il sostegno di Miriam, e indovinate chi si è fatta la fila agli uffici?” ride prendendo in giro Vittorio che invece non perde mai il suo aplomb.

Ad oggi questa convivenza prosegue con positività e continua supervisione da parte della volontaria anche in virtù dell’età di Vittorio e dell’ottimo rapporto instauratosi fra i tre protagonisti della storia, un perfetto esempio di welfare di comunità che ha intessuto solidi rapporti umani, a beneficio di tutte le persone coinvolte nel progetto.

E la volontaria ha trovato anche una terapista manuale per le sue distorsioni!

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La storia di Claudio

Le parole di Claudio sono esemplari per capire il senso di “Abitare Solidale”:

­“Lavoro come operaio generico in ospedale da ventidue anni” ­ dice Claudio ­”e sono stimato e amato dai miei colleghi, sicuramente più che dai miei familiari. Ho sempre vissuto con i miei genitori e mi sono preso cura di loro e loro di me. Il nostro rapporto è stato amorevole, profondamente legati fino alla fine. Alla morte di mio padre siamo rimasti io e mia madre da soli, è stata dura ma abbiamo continuato a vivere con il dolore della perdita fino a che anche la sua salute non peggiorò.

Quel giorno me lo sentivo, non volevo andare a lavorare, ma lei insistette. Fu un colpo quando squillò il cellulare e un mio collega mi informò che era deceduta. L’ho amata e curata come nessun’ altro ha saputo fare, nemmeno le mie sorelle che in ogni modo mi facevano sentire sempre l’escluso della famiglia. Alla morte di mia madre i nostri rapporti peggiorarono ancor di più, se fosse stato possibile, in particolare con una mia sorella con cui non c’è mai stata, né c’è, comunicabilità. La perdita di mamma, le discussioni frequenti, le incomprensioni e le cattiverie continue fra me e mia sorella, mi costrinsero ad una solitudine che era vero e proprio abbandono.
Ecco, mi sentivo abbandonato a me stesso, e non avevo più forza di vivere. La mia esistenza divenne così gravosa che mi ammalai, mi sentivo come in un tunnel senza uscita. Non ce la facevo più, mi ammalai, caddi in depressione, non sapevo e non volevo più vivere.

Perché ti sei rivolto ad Abitare Solidale, i motivi, le aspettative?

Ero malato di solitudine, la casa vuota, l’abbandono e il silenzio al rientro dal lavoro mi opprimevano. Il dolore della morte di mamma non mi lasciava un momento, e in più l’allontanamento delle mie sorelle mi aveva abbattuto, ero triste, confuso, destabilizzato. Ne parlai con l’Assistente Sociale del Comune di Firenze, una donna eccezionale: lei capì il mio avvilimento e mi fece intravedere la possibilità di venirne fuori attraverso un progetto dell’associazione Abitare Solidale. Grazie a questa dottoressa comprensiva tornai a sperare.

Avevi dubbi e incertezze in merito al progetto?

Sono fiducioso di carattere, sapevo che mi avrebbero aiutato, ci contavo per uscire dallo sconforto. Ero certo che quanto mi era stato anticipato sul progetto era valido, che avrebbero risolto e alleviato il mio malessere, non dubitavo proprio del progetto, la mia preoccupazione era un’altra: ce l’avrebbero fatta ad aiutarmi a combattere l’ostruzionismo dei miei familiari, e questi mi avrebbero lasciato decidere e accettare la soluzione proposta da Abitare Solidale? E soprattutto: la persona che poteva essere la mia coabitante, sarebbe stata disposta a scontrarsi con la ferrea barriera che è mia sorella? Questi sono stati i dubbi che mi hanno tormentato, il progetto, no.

Qual’ è stato il primo impatto con gli operatori e con la coabitante?

Mi sono trovato subito in sintonia con loro. Quando proposero di ospitare Maria e mi parlarono di lei divenni impaziente, ero certo che era vicino il momento in cui sul serio avrei potuto ricevere la manna dal cielo, anche se sapevo che sarebbe iniziata una nuova guerra con mia sorella; ma grazie a questi ragazzi, ora mi sentivo più forte e disposto a lottare per me stesso. Sì, Abitare Solidale è stata la mia manna dal cielo, indubbiamente. Quando ho incontrato Maria, mi sono sentito rinascere per davvero, mi è subito apparsa gentile e affettuosa, il primo impatto è stato come vedere una persona amica da tanti anni. Avevo atteso il momento di conoscerla con impazienza e forte timore, avevo paura che sotto le pressioni di mia sorella sarebbe fuggita. Sai, ho dovuto scontrarmi ripetutamente con mia sorella che arrivò al punto, come ti dicevo, di prendere provvedimenti per farmi interdire. Immagina quanto non ho patito, e quanta pazienza e saper fare hanno avuto questi ragazzi e Maria stessa! Non fosse stato per la loro disponibilità e il loro aiuto, non sarei mai riuscito ad avere un po’ di pace.

Com’è cambiata la tua vita?

Ringrazio e ringrazierò sempre Desirée e Gabriele che mi hanno ridato la vita. Voglio ripeterlo: per me è scesa la manna dal Cielo, la mia rinascita. Ho ritrovato il sorriso e la serenità, sono di nuovo una persona ottimista e attiva. Le mie giornate ora le vivo con più quiete grazie al rapporto con Maria, la persona che con la sua presenza ha cancellato il nero della solitudine. Ho sofferto davvero tanto: questa casa dopo la morte dei miei genitori aveva un silenzio che mi buttava sempre più giù. Ora so che c’è una persona in un’altra stanza, ho compagnia durante i pasti, al mattino ci sono rumori che non sono solo i miei, posso parlare e sentir parlare. Il silenzio non c’è più. Non hai idea di come sia rassicurante sentire la chiave nella toppa che annuncia il rientro di Maria…

Persino i rapporti con mia sorella, che pure all’inizio ha vessato Maria, ora sono più civili.